venerdì 7 dicembre 2012


"It’s five in the morning wherever you are
You’re learning a language, beginning with “far”
I’m glad you’re awake now, and picking your scars
We do it all backwards, wherever we are..."

sabato 1 dicembre 2012

Al servizio della demenza

Sono stufa. Stufa di svegliarmi alla stessa ora ogni mattina. Stufa di correre dietro il tram ogni mattina. Stufa di controllare il cellulare ogni cinque minuti per assicurarmi di non perdere chiamate finché non sono arrivata in ufficio. Stufa di trovare tutte le mattine gli altri già carichi alle loro scrivanie. Stufa di dover imparare da persone che non stimo. Stufa del loro vomitevole linguaggio. Stufa di dover preparare “PDL”, ché i piani, si sa, sono fatti per non essere rispettati. Stufa di comunicare solo con slide “sexy” che sennò cala l’attenzione del lettore. Stufa di dover “alleggerire il wording” che sennò il cliente non capisce. Stufa di eliminare gli incisi, che sennò il cliente si perde. Stufa di dover evidenziare i “key messages”, che sennò il cliente non ci arriva. Stufa di dover fare solo elenchi “MECE”, che sennò il cliente si scompensa. Stufa di trasmettere messaggi via “bullet”, che sennò la slide è troppo discorsiva. Stufa di inserire i “so what” che sennò non abbiamo le conclusioni. Stufa di dover sempre chiudere con i “next steps”, che sennò il cliente non ti richiama. Stufa di passare ore e ore del mio tempo ad allineare e distribuire verticalmente le caselle di testo, che sennò chissà che succede. Stufa di dover specificare “l’output” di ogni mia azione, che sennò il cliente fraintende. Stufa di dover chiedere sempre “feedback”, che sennò non saprei come migliorare. Stufa di dover specificare meglio la “problem definition” che sennò non sappiamo come risolvere il problema. Stufa di dover mostrare continuamente doti di “problem solving”, che sennò sono una fallita. Stufa di dover applicare la regola dell’80:20 per riuscire a far fronte alle “deadline” che incombono. Stufa di ricevere mail il sabato mattina. Stufa di riceverle la domenica sera. Stufa di questo vortice in cui sono finita, che plasma ed erode giorno dopo giorno pezzi di me stessa. Ed è un vortice da cui non si esce. Dopotutto, è dura restare autentici quando si è costretti a vivere al servizio di un cliente che, a giudicare dalle migliaia di accorgimenti che bisogna riservargli, risulta essere nient’altro che un totale demente. 

giovedì 22 novembre 2012


"My life is like a wound, I scratch so I can bleed
Regurgitate my words, I write so I can feed
And death grows like a tree, that's planted in my chest
Its roots are at my feet, I walk so it won't rest

Oh baby, I am lost...."

Asaf Avidan, Different Pulses

sabato 10 novembre 2012

Amore di plastica

A tutti quelli che si trovano ad essere soli loro malgrado, a tutti quelli che la sera vanno a letto con un orsetto che non si chiama Ted, a tutti quelli che sono cresciuti al suono dell'accattivante voce di Cristina D'Avena, a tutti quelli che ci hanno provato ma non era la volta buona, a tutti quelli che fanno shopping compulsivo per sopravvivvere alle delusioni, a tutte quelle che hanno smesso di giocare con le Barbie, a tutti quelli che sono tornati a casa a testa bassa e il cuore spezzato, e a tutti quelli che continuano, malgrado tutto, a sognare:

http://www.youtube.com/watch?v=NGRa2ensZKg


venerdì 26 ottobre 2012

Le regole: il party d'ufficio

1. Il party d'ufficio non è un party. E' una rottura di coglioni.
2. Non sai se ti si nota di più se vai e te ne stai in disparte o se non vai per niente? Nel dubbio, tira fuori quel vestito di paillette che non metti più dall'87 e buttati in mezzo alla pista.
3. Se credi di andare a divertirti, sbagli. Vai per parlare di lavoro, captare qualche gossip e per dare in pasto il tuo vestito di pailette alle pettegole dell'ufficio al terzo piano
4. Vorresti tanto scambiare due parole con quel collega che non incroci mai nei corridoi? Ricordati: alcune persone sono più belle se non ci parli mai.
5. Un progetto andato male può costarti una promozione. Ma una conversazione da sbronza con il tuo capo può costarti il posto di lavoro.
Birkin remembers the beginning of her affair with Gainsbourg: he first took her to a nightclub, then to a transvestite club and afterwards to the Hilton hotel, where he passed out in a drunken stupor.

martedì 10 luglio 2012

"Tutto quello che deve fare un padre, sostanzialmente, non è altro che guadagnare dei soldi, non finire in prigione e assicurarsi che suo figlio vada a scuola: John Dickens fallì su tutti e tre i fronti, ed è direttamente responsabile di alcune delle più grandi opere di narrativa in lingua inglese".
Nick Hornby

giovedì 14 giugno 2012

"Non servono tranquillanti o terapie...ci vuole un'altra vita"...
F. Battiato

domenica 1 aprile 2012

"An upbeat chorus of ‘oohs’ instantly lodges inside the listener’s brain, and ‘Barbra Streisand’ morphs into an inexplicable command to start dancing".
Jason Lipshutz, Billboard

lunedì 19 marzo 2012

"Don't make me sad, don't make me cry
Sometimes love is not enough and the road gets tough
I don't know why
Keep making me laugh,
Let's go get high
The road is long, we carry on
Try to have fun in the meantime."


Born to Die - Lana Del Rey

domenica 5 febbraio 2012

Il commiato dell'ospite

"...Poi  c'è la coppia che a mezzanotte si alza per andarsene, ma che arriva solo fino alla porta di casa. E' praticamente impossibile buttarli fuori: come gli avanti di una squadra di rugby che non riescano a fare gli ultimi tre metri. Voi vi precipitate a tirar fuori i soprabiti dall'armadio per accelerare la partenza degli ospiti. Ma vi illudete! La porta, pesante e muta, non desidera altro che spalancarsi al suono di allegre risate e di festosi arrivederci. Ma niente da fare: questi due sono di quelli che godono a stare sulla soglia. Durante il pranzo o in salotto quasi non hanno aperto bocca, ma all'ultimo momento scoprono di avere un mucchio di cose da raccontare! La moglie ha scovato un nuovo istituto di bellezza e descrive con vivaci particolari il metodo seguito da quel salone per fare la permanente: è un metodo rivoluzionario e sembra che faccia miracoli con i capelli lisci. Questo monologo va avanti per circa dieci minuti. Ecco il momento buono! Strisciate di sghembo verso la porta e l'aprite. [...] Nel frattempo quei due si sono infilati i soprabiti e stanno a loro agio come due scarafaggi in un tappeto. Ora l'ingresso si è riempito di un vasto assortimento di lepidotteri, coleotteri e altri insetti notturni, attirati dalle luci accese. Verso le due i Walton cominciano a scaricarsi e, dopo qualche altro giro di arrivederci, riuscite finalmente a spingerli fuori della porta. E qui comincia realmente la vostra fatica. Vi occorrerà quasi un'ora, e l'aiuto degli altri ospiti, per sbarazzarvi della fauna notturna alata o strisciante che ronza nel vostro ingresso. Più tardi, nel cuore della notte, quando la casa sarà immersa nel silenzio, sentirete intorno al letto il battito riposante delle ali dei pippistrelli."
G. Marx

sabato 4 febbraio 2012

"Fare l'amore con la propria moglie è come sparare a delle anitre immobili".
G. Marx

giovedì 2 febbraio 2012

"Needleman era costantemente ossessionato dai preparativi del suo funerale e una volta mi disse: Preferisco di gran lunga la cremazione alla sepoltura, e tutt'e due a un weekend con la signora Needleman".
W. Allen

venerdì 27 gennaio 2012

martedì, 08 novembre 2011
 
"Annie era tornata a New York. Viveva a Soho con un tale. E, quando la incontrai, lo stava trascinando, nientemeno, a vedere Il dolore e la pietà. Cosa che io considerai come un trionfo mio, personale".

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giovedì, 03 novembre 2011
...solo ritornare ad essere normale 

...è più di una crepa
   più di una bugia
   più di una notte insonne
   più di una malattia
   in uno sbaglio solo
   gli errori tutti della vita
   e il prezzo è in banconota
   di nostalgia infinita...


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giovedì, 06 ottobre 2011
A Marco
Era il lontano 2005 quando ci conoscemmo tra gli uffici di quel posto che non ho mai amato tanto. Io ero poco più che una ragazzina, abbastanza stupida anche ai tempi, direi. Non so bene come, né perché, ma ci siamo trovati subito. Un’intera giornata lì dentro valeva la pena anche solo per sentire una sola delle tue battute che ti venivano fuori in modo così naturale, chessò, in pausa pranzo. Negli anni successivi, abbiamo sempre continuato a sentirci. Questo, data la mia famigerata incostanza, è accaduto grazie a te. Che ogni tanto mi scrivevi, mi dicevi: “Allora, com’è messa la tua agenda per domani?” E io, tante volte, rimandavo. Qualche volta anche tu. Ma poi, in qualche modo, si riusciva a trovare il modo e il tempo, e ci si vedeva. Quelle sere con te rimarranno per me indimenticabili. Non sono una di quelle persone che si ricordano tutte le parole dette e sentite, i gesti, i posti. Ma io ricordo l’atmosfera. Ogni volta che ti ho visto era una continua risata, dal primo, all’ultimo momento in cui siamo stati insieme. Perché tu eri così. Raccontavi una cosa anche banale, ma come la raccontavi tu c’era da pisciare dal ridere. A vederti così, nessuno avrebbe pensato che invece avevi avuto una vita niente affatto facile. Ogni tanto mi aggiornavi anche sui tuoi, non piccoli, problemi di salute. E anche quelli, erano racconti sui quali eri il primo a ridere sopra. Una sera di dicembre, me lo ricorderò sempre, sono scesa di casa con il mio solito ritardo, e tu mi aspettavi in macchina con dei regali. Regali! Una crema per le mani, e un paio di calze. “Questo Natale ho pensato alle tue...estremità”, hai detto. “Mani e piedi, perché adesso fa davvero freddo”. Un’altra volta parlando di non so chi hai detto che questo ti aveva veramente “trifolato i coglioni”. Trifolato. Avrò riso per delle ore su quel verbo. E non ci crederai mai, lo uso tutt’oggi quando capita. E, ogni volta, immancabilmente, mi vieni in mente tu. Mi chiedevi sempre come mi andavano le cose, gli esami prima, i miei vari lavori poi. Quando passavo un esame, mi dicevi che eri "orgoglione" di me. Raccontavi, come al solito, molto poco di te, ma quel che bastava per farmi capire il tuo stato d’animo. Un’altra volta eravamo in macchina e mi ha telefonato mia madre. Abbiamo avuto una lunga discussione, dopo di ché avevo messo giù il telefono e l’avevo lanciato dritto davanti a me...ed ha sfiorato il tuo parabrezza. Mi ricorderò sempre la tua espressione di quel momento. Preoccupato, preoccupatissimo per la macchina, che grazie al cielo non si era fatta niente, ma non hai osato dirmi nulla. E allora, con uno sguardo colpevole, ti ho chiesto scusa. Ti piaceva Battiato, il sudoku, il tuo lavoro, la palestra, le moto. Adoravi tua sorella ed eri affezionato al tuo cane, Devil, con cui andavi a correre. Parlavamo spesso della tua relazione, visto che io ti raccontavo tutto delle mie. Le volevi bene, questo era chiaro. La chiamavi Thelma, con me. Ti avrò chiesto mille volte il nome, ma tu nulla: continuavi a chiamarla con questo nome in codice, così strano, così simpatico. E adesso non ci credo. Non saprò mai più come si chiamava davvero. Poco fa sono stata al tuo funerale. Che dire. Ti immaginavo lì, in mezzo a noi, a vedere tutto. Non mi sembra ancora vero che l’ultima volta che ti ho visto eravamo tranquilli e felici in un dehors di piazza vittorio, e la volta dopo eri dentro a quella bara così fredda e silenziosa. Ti immaginavo vicino a me, che commentavi tutto ciò che accadeva in chiesa oggi. Eri sempre pronto a farmi ridere, per me vedere il tuo nome che mi chiamava al telefono voleva dire che stavo per essere travolta da una serie di battute che mi avrebbero messa di buonumore. Perché era così che mi sentivo ogni volta dopo averti sentito.  Ed è così che ti ricordo oggi. Ti voglio bene, Marco. Non ricordo l’ultima volta che te l’ho detto. Ma quel che conta, è che sono sicura che tu lo sai.
Con infinito affetto ti stringo citandoti ancora una volta: “ti mando un abbraccio formato famiglia”.
Mia

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mercoledì, 27 luglio 2011  
Oggi, dopo tre anni e più, ho nuovamente mangiato un corposo kebab. Dio, quella carne, quei pomodori e quella salsa di yogurt. Altro che le madeleine di Proust...altro che.

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martedì, 19 luglio 2011
  "Succede che mi stanco di essere uomo
Succede che entro nelle sartorie e nei cinema smorto,
impenetrabile, come un cigno di feltro
che naviga in un’acqua di origine e di cenere.
L’odore dei parrucchieri mi fa piangere e stridere
Voglio solo un riposo di ciottoli o di lana
Non voglio più vedere stabilimenti e giardini
Mercanzie, occhiali e ascensori.
Succede che mi stanco dei miei piedi e delle mie unghie
E dei miei capelli e della mia ombra
Succede che mi stanco di essere uomo."

Pablo Neruda

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lunedì, 13 giugno 2011  
"And maybe there's a God above,
But all I've ever learned from love
Was how to shoot somebody who outdrew ya.
It's not a cry that you hear at night
it's not somebody who's seen the light
it's a cold and it's a broken
Hallelujah, Hallelujah
Hallelujah, Hallelujah..."


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domenica, 05 giugno 2011
Senza parole
Una stanza. Un letto. Una vita spezzata. Le gambe tremano al pensiero di quanto tutto, tutto intorno a noi sia così fragile. Sapere di non poter tornare più indietro è un pensiero terrificante. Un dolore lancinante. Fa male. Fa tanto male. Ma soprattutto, fa paura più di qualsiasi altra cosa.

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#1   13 Giugno 2011 - 07:29
 
ti voglio bene Mia..
utente anonimo  
mercoledì, 11 maggio 2011
 
"Facevo finta di fregarmene di te per rendermi più interessante, ma adesso sono solo veramente".

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martedì, 05 aprile 2011
Speperteristico, speperefistico (rap turubistico)
Ho sempre creduto che l'inglese fosse la lingua perfetta. Perfetta per il linguaggio economico, perfetta per quello informatico, come anche per quello giornalistico. Ma, soprattutto, l'ho sempre ritenuta la lingua ideale per i testi delle canzoni. Dopotutto, solo da Gran Bretagna e USA potevano provenire due recenti hit (che hanno scalato le classifiche mondiali) dai titoli intraducibili, quali "Umbrella" e "Parachute" (ombrello e paracadute, per i privi di intuizione). Eppure, mi sbagliavo. Perché il mio amico Fibra è andato oltre. Ha dimostrato a tutti che è l'italiano la lingua per eccellenza della canzone.

"Rap futuristico A B
Rap futuristico Ab Ab Ab AB
Rap futuristico Fa Bri
Rap futuristico fabri fabri fabri fabri
Rap turubistico B A
Speperteristico fibra fibra fibra fibra
Speperefistico C D
Rap futuristico cd cd cd cd"

Sfido chiunque riesca a tradurmi questo pezzo in inglese...100 euro sull'unghia.

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#1   30 Luglio 2011 - 06:09
 
Non posso tradurlo.. il solo pezzo che io capisco è "rap futuristico" o "futuristic rap.." e probabilimente io sono sbagliata.

Nessun euro per me. Ma io non abito in europa. XD Perchè non tradurri per noi? Se è possibile?

Anche, hai ragione che l'italiano è meglio per i testi delle canzoni, perchè tante delle parole si rimano. Quando io dico le frasi in italiano, a volte le parole si rimano. Mi divertono perchè non succede spesso in inglese.

Scusate il mio italiano.. sto imparando!
utente anonimo
lunedì, 04 aprile 2011
Inequivocabilmente Jay Kay  

...I don't want the world I want you...

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giovedì, 31 marzo 2011
Che mondo sarebbe senza Belen?
Io di telefonia, telefonini e chiavette internet non ci capisco un cazzo. Voglio dire, è praticamente impossibile fare un dannato paragone tra i maledetti oligopolisti che caratterizzano il settore nel mercato italiano. Wind, Tim, Vodafone, Tre. Quattro player, quattro colori. Arancio, Blu, Rosso, verde/viola. Fatti apposta per confonderti. Ogni volta che mi decido a entrare in uno di questi odiosissimi negozi, puntualmente me ne pento entro i primi cinque secondi. Uno parte con una domanda semplice semplice, del tipo: “e quanto mi costerebbe andare in internet con il cellulare?” e parte, inesorabile, la tiritera. La commessa che attacca come una macchinetta il suo discorso piatto come un televisore al plasma e che a stento riesce  a tenere viva la mia attenzione. Capto qua e là qualche parolina fastidiosa come “promozione”, “solo per questo mese”, “contratto di due anni” e già mi viene voglia di scaraventare il telefono in mezzo al negozio e uscire fuori, finalmente liberata da questo peso che mi tormenta. Secondo i miei pigri ragionamenti il modo migliore per scegliere la compagnia più conveniente è il costo di una telefonata al minuto. Sembra facile, ma non lo è affatto. Perché anche se trovi il coraggio per affrontare l’interminabile risposta a questa domanda, sai già che ciò che ti diranno non ti renderà le idee più chiare e, sicuramente, non allevierà affatto il tuo sforzo nel prendere una decisione. Perché tutto dipende. Dipende se chiami più Wind o più Vodafone. O se chiami solo numeri Tim. Dipende se chiami o se video chiami. Dipende se fai tante telefonate brevi o poche ma lunghe. Dipende se chiami in Italia o all’estero. O se mandi soprattutto sms. E poi c'è lo scatto alla risposta. Che può anche non esserci. E il telefono? Questo viene 30 euro, questo 100 e quest'altro è gratis. Ma lo hai solo se firmi un contratto da 36 mesi. E le promozioni? Sono la prova che il diavolo esiste. Perché il primo mese sei un figo sì. Ma terminato quello arriva la mazzata a ricordarti che Loro c'è l'hanno sempre più lungo e tu, in qualsiasi modo vada, sei solo un coglione. Poi c’è il contratto con bolletta (l’unico strumento che davvero ti rende emancipato), c’è la ricaricabile (che in Italia va ancora molto, mentre all’estero la frase “ho finito il credito” non esiste in nessun vocabolario), e le migliaia di piani tariffari cui aderisci mandando un semplice sms e da lì in poi sono tutti cazzi tuoi. Per me, che nella giornata tipo ho mille altre cose più importanti cui pensare, come ricordarmi di registrare i Griffin e di dare da mangiare ai pesci, tutto questo è troppo complesso. Non ne voglio sapere niente. Va bene qualsiasi cosa. Tanto lo so che gira e rigira la fregatura c’è sempre. Perciò sapete che vi dico? Data la mia assoluta incapacità di scegliere sulla base dell’offerta più economica, ho deciso che sceglierò proprio come vogliono Loro. In base al testimonial. All’inizio era facile. C’era Megan Gale per la Vodafone, la Incontrada per la Wind e quel cesso della Canalis per la Tim. Manco a dirlo la Incontrada spadroneggiava su tutte. E avrei quindi scelto Wind. Ma poi è scesa in campo Belen. E lì non c’era più storia. Ero pronta a chiudere il contratto con la Tim. Purtroppo, non ho fatto in tempo, che già le cose son di nuovo cambiate. Adesso la scelta è schifosamente ardua. I piccioncini Totti, i deprimenti Aldo Giovanni e Giacomo, e una perfetta sconosciuta che cercano in tutti i modi di rendere brutta, chissà perché. Niente da fare, cari amici. Vodafone ho, e Vodafone mi tengo. In attesa che qualcuno si decida a investire in un testimonial decente. E' dura. Perché un mondo senza Belen, è un mondo in cui non sai più da che parte stia la verità.

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#1   31 Marzo 2011 - 22:39
 
Che bello rileggere di nuovo un tuo post...mi mancava
lunedì, 21 marzo 2011
L'ineluttabile amaro in bocca
La gioia di un momento, il rimorso di una vita...da un lato.
Il rigore morale di un momento, il rimpianto di una vita...dall'altro.
La vita è così. Sia che tu veda il bicchiere mezzo pieno, sia che tu lo veda mezzo vuoto. E' sempre "riempito" solo fino a metà. E uno, alla fine della fiera, qualsiasi strada scelga, non può mai dirsi veramente soddisfatto.

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#1   22 Marzo 2011 - 01:31
 
Certo il costo da pagare è alto ma dobbiamo accettarlo: non poterci distinguere dai tanti segnali che passano per questa via, ognuno con un suo significato che resta nascosto e indecifabile perchè fuori di qui non c'è più nessuno capace di riceverci e d'intenderci.
Italo Calvino- Gli amori difficili -.
utente anonimo  
#2   22 Marzo 2011 - 11:37
 
Apprezzo la tua citazione, ma a dire il vero...senza il bisogno di scomodare Calvino, la mia era una banalissima riflessione sulle possibili conseguenze di una altrettanto banale scappatella extraconiugale...un'idea che nella vita, purtroppo o per fortuna, mi ha sempre sorriso abbastanza.
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#3   22 Marzo 2011 - 20:02
 
Il racconto parla appunto in maniera non banale di una banale scappatella extraconiugale. Diciamo che il caso - chiamiamolo così- ha voluto che la mia citazione letteraria fosse pertinente con la tua riflessione. Una banale coincidenza.
utente anonimo  
#4   23 Marzo 2011 - 09:57
 
Ok, sai che ti dico? Interessante. Mi hai convinto. Stasera vado alla Feltrinelli e me lo compro, il libro di Calvino. Così controllo anche la veridicità delle tue affermazioni. Tutto questo mi piace, perchè nella vita credo a poche cose tra cui, appunto, le coincidenze.
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giovedì, 17 febbraio 2011
  La mia amica Lucia ha avuto una bambina un paio di mesi prima del mio.
Quando le ho chiesto che nome avessero scelto mi ha risposto: Mia.
Ed io le ho detto: «Come Mia Wallace, come Mia Zalica...»
E lei mi ha detto: «Chi è Mia Zalica?»
E io le ho detto: «Lascia fare!»

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#1   05 Marzo 2011 - 04:07
 
ma hai avuto un bimbo???
utente anonimo  
#2   21 Marzo 2011 - 17:25
 
Ma che diamine...no! no! no! non ho avuto nessun cazzo di figlio! Stavo riportando quanto riferitomi da un amico...(non credevo così tante persone fossero terrorizzate all'idea di una Mia-mamma, comunque).
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#3   26 Marzo 2011 - 10:56
 
terrorizzato...no! Sorpreso, molto sorpreso...quello sì! ;)
utente anonimo
domenica, 16 gennaio 2011
Frase del mese
"Javier Pastore è un maleducato del calcio". 
Diego Armando Maradona

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giovedì, 13 gennaio 2011
Frase della settimana
"Il nuovo Kinder Bueno sembra quello vecchio caduto su un cumulo di sabbia".

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#1   13 Gennaio 2011 - 13:43

 
L'importante è che garantisca ancora "ciccia e brufoli".
La mia homepage: http://puronanovergine.splinder.com Contattami Guarda il mediablog (foto, audio e video) di questo utente. Blocca questo utente moreno9000
martedì, 28 dicembre 2010
  "Rovistando tra i futuri più probabili
Voglio solo futuri inverosimili
E non avere mai le mani fredde
E non finire mai le sigarette

E proteggimi dai lacrimogeni
E dalle canzoni inutili
E proteggimi le sopracciglia dai manganelli
E nello scrosciare delle piogge acide

Portami a bere dalle pozzanghere
Portami a bere dalle pozzanghere
Portami a bere dalle pozzanghere
Portami a bere dalle pozzanghere"

Le luci della centrale elettrica, Lacrimogeni

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martedì, 07 dicembre 2010
Piaceri e dispiaceri
Da quando abbiamo deciso di passare a Sky, la mia vita ha decisamente preso una piega diversa. Da temporanea disoccupata che sono, non ho potuto fare a meno di prendere in mano il telecomando per vedere come funziona sta cosa. E da quel giorno tutto è cambiato. Altro che scrivere articoli fino alle dieci di sera. Le mie giornate scorrono veloci. Chiusa in casa, pop corn e divano. E via, un film dopo l'altro. In queste ultime settimane devo aver visto qualcosa come 50 film, a un ritmo di due o tre al giorno, spaziando da "Il Circo" di Chaplin fino all'ultimo dei Coen, insomma una sfilza di decenni non indifferente. Ma ho anche scoperto la sezione "intrattenimento", che sostanzialmente disprezzo, eccezione fatta per tre imperdibili serie tv, da cui sono diventata del tutto dipendente: I Griffin, American Dad, e il Cleveland Show. Se può capitare che qualche film io non lo veda, che mi perda qualche servizio morboso di History channel, non può invece capitare che io mi perda una delle puntate di questi tre cartoni, i cui orari di messa in onda sono stati inseriti nella mia agenda allo stesso livello di importanza di "appuntamento dalla ginecologa". Non c'è niente da fare, mi scompisciano, mi sganasciano, mi fanno venir voglia di sposare tutti i loro ideatori contemporaneamente. Ma c'è un'altra cosa che mi piace parecchio di Sky. La possibilità di vedere i film in lingua originale. Ormai, quando per qualche motivo non è prevista quest'opzione, non riesco più a guardare nessun film. A parte che io sono cresciuta con i film in lingua originale e i sottotitoli in serbo-croato e quando ho sentito per la prima volta la tv italiana pensavo fosse uno scherzo, la cosa sconcertante è che se parli con un italiano medio e tiri fuori il discorso dei sottotitoli, quello ti guarda e ti dice "Hai idea di che scomodità dover leggere le frasette sotto? Che palle!". Già, il doppiaggio, per alcuni, rappresenta l'evoluzione di ciò che erano i sottotitoli. Il doppiaggio, invece, dovrebbe essere un crimine punito dalla legge. Non solo perché non posso sentire la voluttuosa voce di Johnny Depp, ma soprattutto perché gira e rigira per tutte le serie tv e per tutti i film trasmessi vengono usati in totale circa una ventina di doppiatori. Il risultato? Ve lo dico subito. Mentre stai guardando una scena terribilmente tragica di Schindler's List, in cui il vecchio Lowenstein viene assassinato con un colpo alla testa, ti accorgi che ha la voce del nonno Simpson, e la cosa non è più credibile. O ancora, d'un tratto ti rendi conto che il tenente DeWindt del Soldato Ryan ha la voce di Peter Griffin e da allora non fai altro che immaginare Peter Griffin con il suo doppio mento che cerca di svignarsela sotto le bombe e la cosa diventa piuttosto comica. O ancora peggio, da esaurimento nervoso, in un solo giorno scopri che la voce di Klaus il pesce rosso (tedesco) di American Dad è la stessa di Tim l'orso (russo) di Cleveland. E non solo, la stessa dello zio Arthur in A serious man e di Gus ne L'uomo che fissa le capre, due film che sfortunatamente ho deciso di vedere nello stesso giorno. Per non parlare del povero Ferruccio Amendola sfruttato come uno straccio multiuso da cucina. De Niro, Al Pacino, Bill Cosby dei Robinson, tutto lui. Persino il mastino napoletano (che non è un mastino napoletano ma un Dogue de Bordeaux) di Tequila e Bonetti! Voglio dire. Continuiamo così, facciamoci del male...

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venerdì, 25 giugno 2010
Mondial...Casa
E per Lippi, "Miss Italia finisce qui".

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#1   14 Novembre 2010 - 03:39

 
non scrivi più?
utente anonimo  
#2   30 Novembre 2010 - 16:50
 
No..da quando ho scoperto il Cleveland show sulla Fox e un paio di altre cosucce.
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giovedì, 24 giugno 2010
Rioperarsi.  

Traumatizzata dal primo intervento a poco più di un anno fa, ho colto con contenuto entusiasmo la notizia di dover rioperarmi, consolata solo dalla decisione di rivolgermi a un'altra struttura, per la precisione sita a Verona. E stavolta è stata proprio diversa.
L'intervento sarebbe stato ben più complicato. Tra i rischi più temuti cui andavo incontro, la possibilità di avere una "deviazione intestinale" al momento del risveglio dall'operazione. Il 10% di probabilità sembra poco. Ma se sul piano ci sono circa 30 ragazze, sapere che 3 di loro girano per il corridoio con un sacchetto in tasca non è poco. Ebbene sì. Erroneamente ho domandato di cosa si trattasse, e mi è stato spiegato che, in parole povere, per un mese non fai la cacca in bagno ma la fai in un sacchetto, che ti porti sempre addosso, anche perchè è collegato a un tubicino che ti esce dall'intestino. Appena giunta a conoscenza di questa eventualità, ho modificato la prospettiva. Niente era più così temibile come l'idea di risvegliarmi con un sacchetto penzolante giù dal letto. E così, in un batter d'occhio è giunto il giorno prima dell'intervento. Trovo un'assurdità fissare il ricovero al giorno prima dell'intervento. Perchè è inutile. E' inutile, aggirarsi per i corridoi in pigiama e ciabatte, tra i lamenti provenienti dai vari angoli, e sentirsi bene. E' offensivo per tutte le altre ragazze che a stento riescono a fare due passi intorno al letto. Eppure, funziona così. Entrata in ospedale, accompagnata da mia sorella e da S., mi accingo a fare amicizia con il letto assegnatomi. Ed ecco l'armadietto. Mentre sono al cellulare, un'infermiera entra in stanza, mi alza la manica della maglia e mi fa una puntura a sorpresa. "Ehi, ma che sta facendo?" le chiedo, mentre sento il braccio completamente dolente, la stronza ha beccato un nervo. "La prima di 21 punturine!", sorride e se ne va. Continuo la mia conversazione al telefono, ma poco dopo mi assale l'effetto dei lassativi e corro in bagno, desiderando sprofondare anch'io nella tazza insieme ai miei rifiuti. Terminata l'ora delle visite, saluto i 2 virgilii e mi metto a letto. Sono le 21. Sarà dura addormentarsi. Allora mi alzo e vado a fare un giro nel corridoio. Nella sala d'aspetto, trovo altre 2 ragazze, anche loro "sane" come me, in attesa del mattino successivo. "Ehi ragazze, di che si parla?" "Del sacchetto!", rispondono contemporaneamente. Al che, mi fingo al telefono. Poco dopo, riprendiamo a parlare. In poco tempo mi rendo conto che sono loro le persone che mi capiscono più di chiunque altro e ci facciamo un po' di chiacchiere. A mezzanotte, decidiamo che è l'ora di dormire, anche perchè è permesso l'ultimo sorso d'acqua. Da lì in poi, tutto scorre velocemente. Mi sveglio alle 6, l'intervento è alle 7. Mentre sono in bagno, vengono a chiamarmi, con il lettino e il camice bianco pronti. Infilo il camice, quello che ti lascia il culo scoperto, e rincorro l'infermiera per stendermi sul letto. Saluto mia sorella, S. no. S., avessi potuto, lo avrei ucciso. Perciò mi dò forza. Al primo intervento al momento del saluto a mia madre avevo iniziato a piangere, senza smettere fino a che non mi hanno fatta addormentare. Al secondo intervento, ero tranquilla. In sala operatoria, le operazioni sono state molto più lunghe questa volta. E perciò ho avuto tutto il tempo di parlare con medici, assistenti e strumentisti. "Ehi ragazzi, una domanda che ho sempre voluto fare. Ma voi le guardate le serie tv con i medici? Che ne so, ER, Dr. House, Grey's Anatomy.." La risposta generale è stata "No." "Dopo tutte queste ore in ospedale, non ti viene proprio voglia di vedere un altro ospedale", ha spiegato uno di loro. La strumentista, timida, ha confessato "Io vedo solo Grey's Anatomy..." e io ho detto "Io vedo Scrubs, non lo conoscete? Dovreste vederlo!" e così via. Dopo vari scambi di consigli su serie tv, compilation e siti di alta moda che propongono sconti imperdibili, era giunta l'ora x. Mi stavo così divertendo che non volevo addormentarmi. E continuavo a ripetere "No, ragazzi, mi sto addormentando, non voglio.." e poi, tac. La luce si è spenta. Al risveglio, la prima cosa che volevo fare era controllare se avevo sto benedetto sacchetto. Ma non c'è stato bisogno. "Niente sacchetto, sore!", ha detto mia sorella appena ho aperto gli occhi. E credetemi, era la prima cosa che in quel momento volevo sentire. La seconda, era un'altra. E per sentirmela dire, ho dovuto aspettare 3 o 4 giorni. Ma poi il medico è arrivato, si è seduto sul letto e ha iniziato a spiegare gli esiti dell'intervento. "Quindi, niente è precluso? Posso ancora procreare?" gli ho chiesto, con le pupille a forma di biberon. "Può procreare", ha detto il medico, "appena avrà deciso con chi". E se n'è andato. La terza cosa che quando siete in un ospedale e avete appena terminato un intervento, a quanto pare ben riuscito, volete sentire è ovvia. "Cosa ci fa lei ancora qui?" mi ha chiesto, l'ottavo giorno, un dottore. "Non so, aspettavo la lettera di dimissioni", gli ho risposto. "E va bene. Quale desidera, la busta A, la busta B o la busta C?", mi chiede. "Vada per la C", replico. "Eccola qua, la apra". Ebbene sì. Erano arrivate le dimissioni. 


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mercoledì, 05 maggio 2010  
"...finire il caffè,
per iniziare,
la stessa alchimia,
per poter sognare,

ora cosa si fa,
che tranquillità,
posso chiamare,
ma rinunciare.

pensavo di esserne fuori,
da dispiaceri e malumori,
di amore e non amore,
tu che dici..?"
Dipendente - Vittorio Cane

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lunedì, 22 febbraio 2010
Le chiavi dell'universo 

Ieri sera sul tg hanno proposto uno di quei servizi rilevanti più o meno quanto quelli sulle passerelle canine in cui vince sempre l’animale con il padrone più ciccione, il servizio sui “numeri da ricordare”. Il servizio non parlava dei numeri di ambulanza, vigili del fuoco e polizia, ma dei pin dei cellulari, dei bancomat, delle carte di credito e così via e terminava con un tipo, uno studioso di non so cosa, che diceva come uno può uscire di casa, sbattere la testa contro un muro (certo, un’eventualità dalle probabilità elevate) e d’un tratto, pur avendo milioni di euro in banca, ma non potendovi accedere, diventare niente e nessuno. A parte che se un miliardario sbatte la testa e non ricorda più il pin della sua carta di credito non mi pare un problema che possa minimamente toccare l’italiano medio, se non rappresentare una bella notizia, è evidente che basta metter mano al portafoglio, trovare la propria carta d’identità e recarsi in banca per richiedere il codice. Ma il punto interessante non è questo. Il punto che mi interessa è l’immensa mole di numeri e di codici e di password che si moltiplicano a ogni servizio cui si intende accedere, tant’è che anche senza sbattere la testa contro il muretto io non mi ricordo nemmeno una delle mie mille password assegnate ai vari siti che offrono servizi utili ed essenziali come quello di poter lasciare il mio commento sotto un esilarante video caricato da un tizio di Ascoli Piceno su YouTube. Tanti anni fa creai il mio primo indirizzo email su Yahoo, con la mia prima password. Dopo qualche tempo mi resi conto che un indirizzo come mia.yoohoo@yahoo.com o qualcosa del genere non era così divertente come credevo e ne creai un altro su Hotmail, con nuova password. Dopodiché, per poter accedere a determinati servizi che offriva solo Gmail, dovetti aprire un account su Gmail, con un’altra password. Poi dovetti crearmi la mail di lavoro, su Libero. Da allora in poi, la mia vita fu tutto un inventar nomi utente e password sempre più complesse. Entri in Vodafone, password. Vai in banca on line, password. Vai in posta on line, password. All’università, password. Almalaurea, password. Infojobs, password. Splinder, password. E così via. Uno dice: testa di cazzo, metti un unico nome utente e la stessa password per tutti. Già! Perché non ci ho pensato prima? Perché su ogni nuovo sito in cui cerco di creare un account il mio nome utente “è già esistente, prova con MXCRIWB79988363” che è ancora disponibile. Perciò sei costretto a modificare il nome utente. Perché a ogni nuovo accesso ti dicono di scegliere una password, e tu provi a mettere la solita (es. “culo”) e loro ti dicono che deve avere più di 6 caratteri, allora tu provi con “culone” e dici ecco la mia nuova password per tutti gli accessi. Poi cerchi di farti un nuovo account e ti chiedono la password e tu scrivi “culone” e ti dicono che deve avere più di 8 caratteri e allora tu metti “culattone” e loro ti danno l’ok. Poi ne devi fare un altro, di account. Provi con “culattone” come password ma ti dicono che la tua password deve contenere dei numeri e allora metti “culattone100” e loro sono contenti. Poi ne apri un altro e ti dicono che devi avere più di 8 caratteri e qualche numero, allora tu sei tutto contento e metti “culattone100” che ormai è quella definitiva ma loro ti avvertono: “modificare la password perché il sistema la ritiene troppo facile”. E chi se ne frega!!!!! Non tutti sono maniaci della privacy come me! Non tutti abitano in un villaggio di missionari con 100 cristiani che ti si buttano addosso come accendi un computer, eh! E poi non tutti hanno cose da nascondere! E’ un mondo di merda. Gli hacker si fanno sempre più agguerriti, gli amici sempre più invidiosi e desiderosi di scoprire la tua password, i sistemi sempre più si trasformano in paladini della privacy degli utilizzatori finali. Finché ci costringeranno a usare una password fatta di una melodia canticchiata e che, per conferma, abbia la lettura ottica tramite webcam. E tutto perché nessun altro possa vedere quanto credito hai sul cellulare dal sito della Vodafone! Sono veramente stufa e purtroppo godo anche di una pessima memoria il che mi rende le cose ancora più complicate. Per esempio, non mi ricordo mai le password, ovvio, ma il più delle volte non ricordo nemmeno il nome utente. E tra le opzioni “hai dimenticato il nome utente?” e “hai dimenticato la password?” non c’è quella “avrai mica dimenticato tutti e due?”. E perché no??? Alla fine c’è quella domandina di riserva che uno mette in modo da essere sicuro che se dimentica i dati di accesso li può richiedere! Quella domandina che decide l’utente e poi dà la risposta (sì alla Marzullo) così vuol dire che se sai la risposta sei proprio tu! Perciò uno deve mettere una domanda personale. Ecco, vi dirò soltanto, e non sto inventando, che da qualche parte ho messo la seguente come domanda: “Qual è il mio film preferito?” …e secondo voi io mi ricordo qual era il mio film preferito di 10 anni fa?! E poi non avevo ancora visto il Padrino! E’ un inferno kafkiano, questa roba delle password e delle domandine. Tanto che, esausta, ho aperto un file Word denominato “password” in cui c’è l’elenco di tutti i nomi utente e password…cosicché quando morirò i miei familiari potranno farsi i cazzi miei leggendo le mail inviate e ricevute in tutto l’arco della mia vita e potranno farsi una nuova opinione della defunta. “Però…chi l’avrebbe mai detto che la nonna….”, sì sì faranno proprio così e io dall’alto riderò a crepapelle, mi sbellicherò con conati allo stomaco e paralisi alle guance, ghignerò di questa nostra esistenza codificata che, come in Gattaca, ti permette di avere le chiavi di accesso a un mondo nuovo. Ogni cellulare, il suo pin. E’ questa la risposta. Perché io non sono né la password a 6 caratteri né quella alfanumerica a 8. Sono tutte queste e sono tutto questo. E non c’è divertimento nel portare con sé nella tomba le proprie password. Che se ne parli, perché saranno la testimonianza che io ho vissuto. Perciò consiglio a tutti di aprirsi un file con tutte le password, dopotutto sarebbe un peccato che buona parte della vostra vita rimanesse per sempre chiusa a chiave nell’etere. Fatele uscire fuori le cose, ma ricordate: solo a morte avvenuta. Cosicché, se avranno qualcosa da ribattervi, non potranno che alzare le mani al cielo e cristonare, chiedendovi “Perché? Perché?” e voi, da lassù, asciugandovi le lacrime destate dalle risa, risponderete “Perché così era più divertente”, e appoggerete l’indice destro nell’apposito dispositivo di riconoscimento per rientrare dalla sala fumatori nella sala da pranzo del Purgatorio.

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#1   02 Marzo 2010 - 17:50

 
 Ciao patata! Come stai? Qui si lavora e si fatica, per il pane e per la...gloria!
Ci manchi, come facciamo a tenerci in contatto? Mandaci una mail al info@doubledominant.com.
Hai visto che siamo diventati bloggers anche noi? Dacci un parere.
Ci sentiamo presto stella, un bacione
Galileo e Maurizio
La mia homepage: http://nyvoices.blogspot.com/ utente anonimo
venerdì, 12 febbraio 2010
Il prezzo del crack...o della popolarità  

Le recenti dichiarazioni di Morgan hanno dato un'altra impepata all'ormai ben nota usanza tutta italiana del gossip pre-Sanremo. Morgan non ha fatto altro che fornire ulteriore materiale per le chiacchiere inutili che vertono su tutto tranne che sulla musica e che da sempre caratterizzano i preparativi del festival canoro. Se lo abbia fatto di proposito o meno, non si sa. Io credo di no. Mi ricorda quelle persone che hanno una determinata idea del mondo e che ogni tanto si scordano che questa idea non coincide esattamente con il (ben)pensare comune e allora gli scappa di dire qualcosa che pensano senza minimamente prevedere la reazione degli altri. Mi ha ricordato me che, davanti a un discorso dei miei, anni e anni orsono, che parlavano della droga diffusa tra i giovani, stavo per sbottare con tutta naturalezza: "Ehi! Siamo nel 2000! E' uscito l'ipod nano! Le canne se le fanno i prof con gli alunni durante l'intervallo!! Pronto?! La canna è la sigaretta di una volta, amici!" E poi, per fortuna, qualcosa mi fermò. Mi fermò il pensiero che se per me tutto ciò era normale, per loro non lo sarebbe stato affatto. Cosa a cui non ha pensato Morgan, che davanti non aveva due cinquantenni che si son persi il 68 italiano, ma un'opinione pubblica cresciuta a Dc e oratorio. Perciò non è Morgan che ha provocato la reazione, ma chi lo ha ascoltato. Come si dice, la bellezza è nell'occhio di chi guarda; il successo di una battuta dipende dall'orecchio di chi la ascolta; insomma: Morgan ha fatto cadere l'albero, ma gli italiani c'erano e lo hanno sentito cadere. E giù ognuno a dire la sua: da Vasco Rossi a Irene Grandi a Bersani alla Clerici e così via. Ed è da quel momento, che tutti ma proprio tutti hanno iniziato a starmi sul culo. Morgan che va da quel leccaculo di Vespa a dire che lui ha un problema. Vasco Rossi che dice, "io lo capisco, perchè anch'io avevo un problema". Tutti a dire, diamogli un'altra chance, il ragazzo ha un problema. Morgan addirittura ha interpretato la sua intervista su Max come una richiesta di aiuto. Ma ci rendiamo conto? Prima era un "fortuna ad avercene di antidepressivi così", adesso è diventato un problema. Poi ha tirato in ballo la figlia, oh sì, la figlia, gran colpo per il pubblico a casa. "Io non vorrei mai che mia figlia avesse a che fare con un padre depresso", appunto, la risposta è il crack! Di che cazzo stiamo parlando allora qui? Niente, nessuno proprio lo vuole capire. La droga non è un problema, è puro svago. Anche perchè non stiamo parlando di uno che si buca e un giorno o l'altro ci lascia la pelle per un'overdose. Stiamo parlando di uno che fuma crack per tenersi sveglio. Smettiamola con sta cosa della droga che è la risposta a un problema. Non lo pensavo con i tossici in mezzo alla strada, figurati se lo penso con quelli che si fanno di coca alle feste, o da soli in casa, poco cambia. Ecco la vera ipocrisia. Allora, visto che è un problema, perchè puntualmente ciascuno di noi manda a fanculo il tossico che gli viene a chiedere due spiccioli? Perchè nessuno reagisce come stanno facendo tutti davanti a Morgan? Poverino, diamogli un'altra possibilità! Tieni 10 euro, figliolo! Ma usali per il metadone, mi raccomando! Che poi, altra cazzata, non mi vengano a dire che non bisogna giudicarlo perchè lui è un artista e quello che fa a casa sua non c'entra niente con la sua arte. Certo, verissimo. Con un piccolo particolare: che quello che fa a casa, deve restare in casa. Si chiama "prezzo della popolarità". Decidi di esporti, il che significa che ogni cosa che dirai verrà riportata, letta e ripetuta dalla gente a casa, il che significa che se una volta ti beccano con un travestito, ogni volta che si parlerà di te, anche per annunciare al mondo che hai vinto il premio Nobel, sui giornali, negli angolini, ricompariranno le foto del trans, sempre a ricordare la tua macchia del passato. Significa che ogni cosa che dici viene archiviata e riutilizzata al momento giusto. Tipo: Giovanni ha detto che non gli piace il colore nero. E poi tirano fuori una vecchia foto del '92 di Giovanni a un funerale con il cappotto nero e dicono: ahah! Voltagabbana che non sei altro! Ecco cosa vuol dire popolarità. Ah, e per quanto riguarda la Rai, ovviamente hanno torto marcio. Con questa decisione bigotta hanno allontanato dal palco uno dei pochi artisti in grado di dare una scossa di qualità a quel tanto amato e detestato evento. Ho finito. Visto che tutti dicono la loro, anch'io ho detto la mia.

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#1   22 Febbraio 2010 - 14:36

 
Forse potevi evitare di dire la tua, ti rimando a un servizio delle Iene della settimana scorsa dove un utilizzatore spiega bene qual'è il PROBLEMA per chi inzia ad utilizzare il crack.
Leggo spesso il tuo blog con piacere, ma questo post mi pare privo di spunti intelligenti e la tua presa di posizione perchè ti senti di non avere un problema se usi la coca o fumi non deve farti dimenticare che la droga è realmente un problema, e che la risoluzione, come per tutte le altre dipendenze, passa per prima cosa dal prendere coscenza di avere un problema.
utente anonimo  
#2   23 Febbraio 2010 - 14:02
 
Guarda che io non ho detto che la droga non sia un problema della nostra società. Intendevo dire, non so se si è capito, che detesto chi si droga e come "scusa" riporta questo fatto di avere dei problemi. Nel film dei Simpson quando Marge becca Bart che si scola una bottiglia di non so che alcolico, lui prontamente risponde: "Ho dei problemi!". Ecco il punto. I giovani si drogano per sballarsi, principalmente. Non perchè hanno dei problemi. I problemi arrivano dopo, quando inizia la dipendenza, quando diventa un'abitudine, quando uno non riesce più a uscirne. Ma mi sta sul culo Morgan che "confessa" di avere un problema e di volersi curare: se davvero avesse avuto l'intenzione di curarsi si sarebbe vergognato a dichiarare così sfacciatamente e con tale leggerezza che fa uso quotidiano di crack. Perciò se in una prima fase (intervista a Max) poteva ritenersi quantomeno non ipocrita, nella seconda fase (da Vespa) non ha fatto che farmi venire il voltastomaco trasformando quelle che volevano essere dichiarazioni forti e provocatorie in una semplice e sentita richiesta di aiuto. Insomma, se hai bisgno di un aiuto, chiami il medico, non il giornalista di Max.
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