domenica 2 febbraio 2014

Trent'anni il trenta

Sappiamo tutti benissimo cosa si dice riguardo al fatidico compimento dei trent'anni: la crisi esistenziale, la paura delle responsabilità, il desiderio di fuga accompagnato dal timore dell'abbandono, la minacciosa comparsa delle prime rughe, eccetera. Non ho mai creduto a queste dicerie, come non ho mai creduto al colpo di fulmine, alla crisi del terzo anno, alla crisi del settimo anno, allo sbarco sulla Luna, alla crisi di mezza età, alla gallina vecchia che fa buon brodo e quelle robe li'. Eppure, giunta al 29esimo anno e 364 giorni, qualcosa è cambiato.
Ho anzitutto iniziato a pensare a cosa diavolo avessi combinato in trent'anni di vita sul pianeta Terra, ma dopo la seconda voce nell'elenco (mi sono laureata e mi sono tinta i capelli svariate volte) non avevo più molto da aggiungere. Allora ho iniziato a pensare a tutte le cose che avrei voluto fare entro i trent'anni e l'elenco è talmente lungo che lo sto continuando a compilare ancora adesso mentre scrivo. Poi mi sono ricordata di un famoso detto che dice "Se le cose non sono come le desideri, desiderale come invece sono" ma la cosa è stata di poco conforto. Dopotutto, credo sia alquanto inumano desiderare di ritrovarsi disoccupati a trent'anni.
Poi, è arrivato lui. Il sogno che ho fatto la notte dalla quale mi sarei svegliata spalancando la porta ai tanto temuti "enta". Ho sognato di avere il braccio sinistro ricoperto di tatuaggi che partivano dalla spalla e arrivavano fino al dorso della mano. Nota importante: si trattava di tatuaggi bruttissimi. Me ne stavo tranquillamente andando a zonzo, quando per caso sollevo una manica e mi accorgo degli orripilanti disegni colorati. E così per tutto il resto del sogno mi metto a girare per la città alla disperata ricerca di un tatuatore che fosse in grado di cancellare quegli obbrobri dal mio corpo. Chiaramente l'impresa si rivela tutt'altro che facile: uno è chiuso, un altro non ha i macchinari adatti per farlo, un altro mi spiega che forse si può fare, ma che sarebbe un'operazione di anni e anni...
E' comprensibile quindi che la mattina dei miei primi trent'anni io mi sia svegliata di colpo, e piuttosto innervosita. Tuttavia, dopo una rapida sbirciata al braccio sinistro, mi sono tranquillizzata. Ma non per molto. E' vero, era un sogno stupidissimo.
Eppure, c'era un non so che di metaforico nel fatto di girare per la città cercando disperatamente qualcuno che mi togliesse qualcosa di indelebile che avevo addosso. Credo che quei tatuaggi fossero in realtà la rappresentazione onirica del mio misero elenco puntato delle cose fatte in trent'anni di inutile vita. Il mio inconscio, quindi, deve aver capito prima di me la gravità della cosa. "Toglietemi di dosso questa roba e fatemi ricominciare da capo!" sembrava voler dire ai numerosi tatuatori del sogno. Ma purtroppo per me - e soprattutto per il mio inconscio - ad oggi non esiste tatuatore, medico, psicologo, indovino, giudice di Masterchef o chi altro in grado di soddisfare una tale richiesta.
E quindi, nostro malgrado, siamo costretti a continuare così, a camminare per la città e andare avanti tenendoci i nostri tatuaggi addosso. L'unica cosa che ci rimane è la speranza di scegliere soggetti migliori per i nostri tatuaggi futuri. E la possibilità di comprare un bel maglione largo, dalle maniche lunghissime.

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